a cura di Marina Berati
agosto 2001
Il concetto di alternativa alla sperimentazione animale risale alla definizione elaborata da Russel e Burch nel 1959 e comunemente definita delle 3R: Refinement (Raffinamento), Reduction (Riduzione) Replacement (Rimpiazzamento).
Con Raffinamento si intende il miglioramento delle tecniche sperimentali, compiute pur sempre su animali, in modo da ridurre la loro sofferenza; in alcuni casi, si cerca di usare animali filogeneticamente meno evoluti; con Riduzione si intende la riduzione del numero di animali usati, o l'aumento di informazioni ottenute con lo stesso numero di animali; con Rimpiazzamento si intende la sostituzione dell'animale con l'utilizzo di metodi alternativi.
Di queste, solo l'ultima "R" è davvero accettabile: da un punto di vista scientifico non ha alcun senso continuare a sperimentare sugli animali, cambiando solo il numero di animali, o la specie, e le modalità dell'esperimento. Quanto ricavato sugli animali non sarà applicabile all'uomo. Potrà esserlo o non esserlo, ma lo si saprà solo DOPO aver provato la sostanza in esame sull'uomo. Ed allora sarà troppo tardi, e l'esperimento sugli animali sarà stato del tutto inutile, perché non avrà fornito alcuna informazione.
In generale, comunque, quando si parla di "metodi alternativi" si continua ad applicare la regola delle 3-R, e quindi non tutti quelli che sono definiti come "alternativi" sono metodi senza l'uso di animali (vivi o morti).
La direttiva europea 86/609/CEE in materia di "protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici", impone di sostituire o ridurre il più possibile il numero degli animali utilizzati.
L'articolo 7.2 afferma che:
"Un esperimento su un animale non dovrà essere eseguito se è disponibile un altro metodo scientificamente soddisfacente per ottenere il risultato cercato che non implichi l'uso di animali."
Inoltre, l'articolo 23.1 afferma che il governo dovrebbe promuovere le alternative:
"La Commissione e gli Stati Membri dovrebbero incoraggiare la ricerca nello sviluppo e nella validazione di tecniche alternative, che possano fornire lo stesso livello di informazione ottenuto dagli esperimenti su animali, ma che utilizzino meno animali o che comportino procedure meno dolorose."
La stragrande maggioranza degli esperimenti compiuti sugli animali sono quelli per i test "di tossicità" obbligatori per legge, cioè quei test che dovrebbero accertare la pericolosità di una data sostanza chimica per l'uomo.
Altri esperimenti sono quelli compiuti invece nella ricerca biomedica di base, per lo studio delle malattie: in questo caso NON è obbligatorio per legge usare gli animali, però è quello che si continua a fare.
Infine, una piccola percentuale di esperimenti sono quelli a scopo didattico-dimostrativo.
Per i test di tossicità sono state sviluppate negli ultimi vent'anni diverse metodologie:
Ecco alcuni siti sulle alternative all'utilizzo di animali nella sperimentazione: sono raccolti centri di sviluppo, di validazione, di documentazione sui metodi alternativi, riviste scientifiche dedicate ai metodi alternativi.
Per quanto riguarda la sperimentazione didattica esistono ormai centinaia di metodologie alternative già validate:
Si possono trovare varie informazioni sull'argomento nelle seguenti pagine:
Per la ricerca biomedica di base, lo studio va fatto direttamente sull'uomo (studi clinici, epidemiologici, etc. come illustrato più oltre, ovviamente rispettando rigorosamente i limiti imposti dall'etica alla ricerca clinica), e per i test di nuovi possibili farmaci si possono usare colture in vitro di tessuti o interi organi umani. I ricercatori che abbiano a cuore la vera ricerca scientifica e non la propria carriera, hanno a disposizione metodi migliori dei test sugli animali:
Ecco alcuni siti di associazioni europee per la ricerca biomedica senza animali.
Nonostante i considerevoli sforzi compiuti per sviluppare metodi alternativi all'uso di animali, sono stati fatti relativamente pochi progressi nell'accettazione di questi test da parte degli organismi preposti. L'inerzia al cambiamento è stata significativa: sia gli scienziati sia le persone preposte ai controlli tendono a usare tecniche con cui sono già familiari.
Un altro problema consiste nel metodo di validazione. La validazione è il processo che stabilisce l'affidabilità e la rilevanza di un metodo. L'affidabilità consiste nella riproducibilità dei risultati nello stesso laboratorio e tra laboratori diversi, e la rilevanza è la misura dell'utilità e della significatività del metodo per un certo scopo.
I test di validazione sono molto lunghi e onerosi (possono durare molti anni), e poggiano su una base scientificamente inaccettabile: un metodo si ritiene valido quando fornisce per certe sostanze risultati simili a quelli ottenuti, in passato, per le stesse sostanze mediante animali da laboratorio. Dal punto di vista scientifico questo è insensato, perché i risultati vanno confrontati con quelli noti sull'uomo, non sugli animali (anche perché animali di specie diverse danno comunque risultati diversi tra loro). Inoltre, non ha senso confrontare i dati ottenuti da un organismo in toto con quelli di una coltura cellulare umana. Questi ultimi sono parziali, ma danno informazioni CERTE per l'uomo, i primi sono più completi ma danno informazioni completamente incerte (e quindi irrilevanti) riguardo all'effetto sull'organismo umano.
Inoltre, tutti i test su animali già in uso non sono MAI stati validati (e in effetti la correlazione dei risultati da essi ottenuti e quelli ottenuti sull'uomo è molto bassa, spesso statisticamente irrilevante), ma entrano di diritto lo stesso nelle linee guida, accettate a livello mondiale, dell'Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo (OECD - Organization for Economic Cooperation and Development).
L'Unione Europea ha istituito un centro per la validazione di metodi alternativi, l'ECVAM (European Center for the Validation of Alternative Methods) che ha sede a Ispra, Varese.
Il test di foto-tossicità 3T3 NRU usa cellule derivate da embrioni di topo, quindi è ancora un test con uso di animali, anche se non in vivo. Devono comunque essere uccisi dei topi per realizzare questo test, e la sua rilevanza per l'essere umano sarà tanto scarsa quanto quella degli esperimenti che usano topi vivi. La foto-tossicità si riferisce all'effetto dell'esposizione della pelle alla luce dopo essere stata esposta alla sostanza chimica da provare.
Gli altri due test riguardano la corrosione della pelle, cioè i danni irreversibili alla pelle conseguenti all'applicazione della sostanza chimica da provare: il primo è un modello di pelle umana e NON usa cellule animali; il secondo, TER - Transcutaneous Electrical Resistance usa pelle di ratti uccisi "in modo umano" (valgono in questo caso le osservazioni fatte prima sulla mancata scientificità di questo metodo).
Nel modello di pelle umana si applica la sostanza chimica da provare per un tempo variabile, fino a quattro ore, su un modello di pelle umana tridimensionale.
Nel test TER la sostanza viene applicata per un tempo lungo fino a 24 ore sulla superficie di dischi di pelle presa da ratti giovani preventivamente uccisi.
Entrambi i test sono stati in grado di discriminare in modo affidabile le sostanze già note tra corrosive e non corrosive. Il modello di pelle umana ha inoltre permesso la distinzione tra vari gradi di effetto corrosivo. La scelta di quale dei due test usare dipende dalle esigenze specifiche e dalle preferenze dell'utilizzatore.
Questi nuovi metodi alternativi costituiscono il 27esimo emendamento alla Direttiva Europea 67/548/EEC. I tre test sono stati inclusi nell'allegato V della Direttiva.
Gli Stati membri devono introdurre i nuovi metodi nella loro legislazioni nazionali entro il 1 ottobre 2001.
Questo è un problema importante, perché i metodi in vitro che usano tessuti umani non potranno sostituire quelli che usano animali finché non ci sarà abbastanza materia prima a disposizione, e questa sarà quindi un'ulteriore giustificazione per continuare a usare animali.
Secondo l'associazione inglese Animal Aid, in UK vengono uccisi ogni anno 400.000 animali solo per usare i loro tessuti nella ricerca in vitro. Questi animali non vengono nemmeno conteggiati tra quelli usati per la vivisezione, perché su di essi non si fanno esperimenti in vivo, e quindi non risultano in nessuna statistica sugli animali usati per la ricerca.
Chiaramente, la stessa ricerca in vitro fatta su tessuti umani sarebbe molto più valida da un punto di vista scientifico, e salverebbe la vita di molti animali.
La donazione per la ricerca può essere di due tipi: quella "da cadavere", in cui i tessuti e gli organi vengono prelevati subito dopo la morte del donatore; e quella "da operazione chirurgica", in cui si chiede semplicemente al paziente il consenso a usare il materiale di scarto ottenuto dall'operazione per la ricerca. Chiaramente, questa seconda via è da preferire, perché al paziente solitamente non interessa cosa viene fatto del materiale asportato, mentre la donazione post-mortem pone già delle questioni etiche più sottili.
I materiali che possono essere resi disponibili in questo modo sono vari: sangue, placenta, cordone ombelicale, tessuti asportati durante operazioni chirurgiche (pelle, viscere, ossa, cartilagini) o da biopsie.
Nella maggior parte dei paesi europei, mentre il sistema per la donazione di organi per i trapianti è ben organizzato, non c'è alcuna linea guida sulla distribuzione del materiale non trapiantabile a fini di ricerca (tranne che per la stessa ricerca sui trapianti). In pratica, la distribuzione di organi e tessuti per la ricerca avviene solo all'interno di uno stesso ospedale, o per conoscenza diretta tra singoli ricercatori e medici, ma non esiste una vera e propria organizzazione, tranne in UK, dove esiste la UKHTB, banca di tessuti umani per la ricerca.
C'e' inoltre la preoccupazione, fondata o meno, che questo tipo di donazione possa essere considerato "in concorrenza" con le donazioni per i trapianti, e quindi sia malvista sia dal pubblico che dalle banche di tessuti esistenti (che si occupano solo di trapianti). In realtà, questo non avviene, perché molti organi e tessuti non sono comunque utilizzabili per i trapianti, mentre sono molto utili per la ricerca. Per esempio, per un trapianto di cuore l'organo viene asportato a cuore battente, e la morte è solo cerebrale. L'organo di un paziente già morto non serve per i trapianti, ma per la ricerca sì. Inoltre, esistono molti organi e tessuti che non vengono utilizzati per i trapianti, mentre possono esserlo per la ricerca. Questo per quanto riguarda le donazioni post-mortem. Per le donazioni di materiale di scarto delle operazioni, il problema non si pone, perché questo non risulta di alcuna utilità per i trapianti.
Perciò, al di là di ogni considerazione etica e scientifica sulla donazione di organi per i trapianti, la donazione per la ricerca non si pone mai in concorrenza con quella per trapianto.
Su questo argomento si possono trovare maggiori informazioni su alcune pagine web (solo in inglese) indicate nella sezione Banche di tessuti umani per la ricerca della pagina dei link di questo sito.
Ciascuno di noi può fare qualcosa per far cambiare la situazione: occorre far sentire la nostra voce, in vari modi, affinché i legislatori tengano conto del parere dei cittadini su questo argomento importante e complesso, sia dal punto di vista etico che scientifico. Alcuni suggerimenti su come agire contro la pratica della sperimentazione animale sono contenuti nella sezione cosa puoi fare tu del sito Novivisezione.org.
Per un aggiornamento, vedi anche:
L'evoluzione e l'applicazione dei metodi alternativi
Crimini nascosti
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Se non hai il coraggio di guardare cosa succede nei laboratori di vivisezione, a maggior ragione: